
[blockquote pull=”” align=”left” attributed_to=”” attributed_to_url=”{{attributed_to_url}}”]«Ho deciso di essere felice perché fa bene alla salute » Voltaire.[/blockquote] La massima illuminista, anche se leggermente ritoccata, è ora anche la conclusione di una serie di autorevoli ricerche scientifiche condotte da diverse università americane. A fare bene alla salute è il sentimento di gratitudine, che genera a sua volta la felicità in chi lo prova. Gratitudine verso le persone alle quali dobbiamo qualcosa, che in passato ci hanno aiutato, o più semplicemente verso tutte le cose belle e positive che abbiamo vissuto anche durante la giornata apparentemente più banale.
«Effettivamente le nostre scoperte confermano quanto abbiamo imparato all’ asilo o ciò che ci diceva la nonna, ma ora abbiamo la prova scientifica», spiega al Wall Street Journal, Jeffrey J. Froh, docente di Psicologia alla Hofstra University di Hempstead, nello stato di New York. Insieme ai suoi colleghi Froh ha indagato negli umori e negli stati d’ animo di oltre mille studenti liceali verificando che chi prova sentimenti di gratitudine più forti ha voti migliori e un numero di amici più elevato rispetto ai «materialisti», decisamente più insoddisfatti della loro esistenza. E risultati simili, anche se leggermente più sfumati, sono emersi pure da un campione di 221 bambini di età compresa tra i 12 e i 13 anni.
Quanto documentato dalle ricerche della Hofstra University non è esattamente una novità, ma piuttosto una conferma a ciò che i teorici della «psicologia positiva» vanno sostenendo da tempo. In particolare uno studio del docente della University of Miami Micheal McCullough comparso nel 2003 sulla rivista Journal of Personality and Social Psychology ha dimostrato come sforzarsi di tenere conto dei tanti motivi e delle tante persone a cui dobbiamo essere riconoscenti aiuta a sentirsi meglio. Sarà che qui in Italia non c’ è una festa del Ringraziamento da celebrare tra pochi giorni, ma davanti alle conclusioni che arrivano dall’ America Cristiano Castelfranchi, direttore del Centro di scienzee tecnologie della cognizione del Cnr, appare scettico. «Tanta enfasi sulla riconoscenza – spiega – mi pare frutto dell’ approccio ideologico della «psicologia positiva». Si tratta di una delle tante emozioni pro-sociali fondamentali dal punto di vista evolutivo e necessarie a tenere insieme la collettività, ma come lo sono anche la filosofia del dono o la dinamica del perdono». Dando comunque per assodato che essere riconoscenti fa bene, la domanda successiva che si sono posti gli psicologi è stata: «L’ essere riconoscenti è qualcosa che si può imparare?». La convinzione più diffusa tra gli studiosi è che per un buon 50% a decidere i giochi è il nostro patrimonio genetico, mai margini per lavorare sul restante 50% e migliorarsi ci sono. Si tratta però di coltivare questa inclinazione. L’ esercizio più efficace suggerito dal professor Froh tanto ai grandi quanto ai bambini è quello di tenere un’ accurata contabilità, trascrivendo pedissequamente su un diario tutti gli episodi della giornata catalogabili alla voce «gratitudine». Particolarmente efficace può essere poi vincere la timidezza e far sapere a qualcuno quanto gli siamo grati, evitando di essere ipercritici con gli altri come con sé stessi. Infine vale la pena ricordarsi come potrebbe essere la nostra vita senza ciò che siamo soliti dare per scontato: un partner, un figlio o un lavoro.
[small]REPUBBLICA 25/11/2010[/small]